Giorgio Beretta
April 27, 2017
Il decreto legge che accompagna il Def 2017 ha introdotto, a partire dal 1° giugno, l’obbligo per gli intermediari, inclusi i portali telematici come Airbnb, di operare il prelievo sostitutivo della cedolare secca sui proventi derivanti dalle locazioni di breve durata.
Tassa formato Airbnb: cosa l’intervento non prevede…
Alla fine è arrivata. La cosiddetta tassa sugli affitti Airbnb, dopo essere stata proposta senza successo in sede di esame della Legge di Stabilità 2017, ha visto la luce nel decreto legge che accompagna il Def 2017. Occorre tuttavia fare chiarezza. La misura non introduce alcun nuovo tributo, né estende l’ambito di applicazione (sia rispetto ai soggetti passivi che alla base imponibile) di quelli esistenti, né tantomeno colpisce esclusivamente gli affitti conclusi tramite piattaforme telematiche.
La cedolare secca, di cui all’art. 3 del D.lgs n. 23/2011, prevede, nella sua forma ordinaria, l’assoggettamento dell’ammontare lordo dei canoni di locazione percepiti dal proprietario di immobili ad uso abitativo ad un prelievo, in deroga al regime ordinario Irpef, in misura proporzionale pari al 21%. L’imposta sostitutiva (oltre che dell’Irpef, anche delle imposte di registro e di bollo) risulta quindi già compiutamente disciplinata dal 2011, né la Manovra correttiva 2017 innova sul punto.
In effetti, come confermato tanto dalla lettera della norma quanto dall’Amministrazione finanziaria nella circolare n. 26/E del 2011, la cedolare secca può già attualmente applicarsi alle locazioni brevi, ossia inferiori a 30 giorni. Il problema è semmai di compliance. Non sussistendo infatti alcun obbligo di registrazione ai fini dell’imposta di registro per tali contratti (se non in caso d’uso), i relativi proventi non sono spesso dichiarati dai percipienti né l’Amministrazione ha la possibilità di verificare la correttezza di quanto indicato dai contribuenti (se non analizzandone le movimentazioni bancarie). È questa in estrema sintesi la ragione per cui larga parte dei proventi derivanti da locazioni brevi (non solo quelle concluse tramite Airbnb) non sconta alcuna imposizione.
…e cosa invece prevede e quali conseguenze comporta
L’intervento pone dunque mano a questa criticità, attribuendo agli intermediari (telematici e non) il ruolo di sostituti d’imposta, oltre che il compito di trasmettere i dati relativi ai contratti conclusi mediante il loro tramite, scongiurando così l’occultamento al Fisco dei redditi derivanti dagli affitti brevi. L’intervento normativo comporta però il venir meno della facoltatività dell’imposizione sostitutiva. Se infatti la cedolare secca costituisce una modalità di prelievo opzionale, ossia lasciata alla facoltà del locatore, nel caso di affitti di breve durata, invece, essa interviene de plano, quantomeno sotto forma di ritenuta a titolo di acconto, qualora il proprietario opti per il regime ordinario in sede di dichiarazione.
Un regime, quello della cedolare secca, che, a dispetto delle perplessità che pure sono state sollevate, ha sinora dato buona prova di sé. A cominciare dalla registrazione del contratto e dagli adempimenti successivi, che possono essere gestiti dal locatore tramite procedure semplificate ed in via telematica.
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